Il momento di svolta è arrivato quando ho smesso di lasciarmi stupire da interfacce software evocative e dal pur lecito storytelling delle aziende del software e del web. Quando ho capito che tutto quello che “i computer” (ed il software) ci mettono nella condizione di ottenere è frutto di dinamiche spesso semplici, di flussi di dati che, analizzati ed incrociati, consentono di ottenere una ulteriore informazione che poco prima non si possedeva.
A quel punto ho capito che probabilmente l’approccio corretto per affrontare un argomento in termini informatici era quello di semplificarlo, astraendolo in rappresentazioni primarie quali variabili, liste e piccole funzionalità che – passo passo – mi avrebbero consentito di ridurlo in elementi circoscritti che il mio pensiero era in grado di abbracciare e risolvere.
Seguendo questa linea di pensiero, ad esempio, quel territorio frastagliato che avevo bisogno comparisse su una mappa di Open Street Map diventava in effetti solo un poligono che – considerato tale – mi metteva nella condizione di immaginare semplici dinamiche di interazione con tutti gli altri poligoni presenti sulla mappa e con il resto dei dati che avrei dovuto gestire per generare – in tempo reale – un preventivo.
Il mio approccio di fronte alla necessità di informatizzare un processo passa quindi attraverso questa introspezione:
- Semplificando, di cosa stiamo parlando?
- Quali dati sono necessari per ottenere il risultato che sto cercando?
- Come posso utilmente incrociare e far lavorare questi dati?
- Dove sono questi dati, come posso ottenerli o generarli?
A volte mi capita di avere la netta impressione che le persone con cui parlo di informatica abbiano la percezione che software e computer siano in qualche modo modo, magici. Che questi strumenti abbiano una intelligenza propria e, come per incanto, siano in grado di creare, dal nulla, soluzioni. Questi miei interlocutori sono così spaventati dall’argomento che arrivano a sostenere che di computer non capiscono nulla.
Credo che in molti possano essere in grado immaginare un flusso logico di dati e funzionalità che generino un risultato utile e desiderabile e ritengo che le difficoltà che quotidianamente emergono siano maggiormente collegate alle dinamiche di interazione con il software le cui interfacce sono troppo spesso contro intuitive e inutilmente complicate.